giovedì 18 luglio 2013

IL GIOCO DELLE TRE CARTE

Ho un ricordo molto nitido del gioco delle tre carte, e spesso mi torna in mente senza motivo.
Un ricordo che mi riporta ai giorni dell'infanzia, quando capitava di andare a Napoli con mio padre, alla ricerca di qualche amplificatore o di quella chitarra vista tra i negozi di musica di Spaccanapoli.
Napoli, una città per me colorita ed ignota, fatta di profumi inebrianti e rumori assordanti. Confusione ed allegria, arte e angoli bui, musica. Questa era Napoli per un bambino nato e cresciuto in un paese della costa calabrese.
L'immagine è ancora lì nella mia mente: un banchetto instabile con un gruppetto di persone intorno, tutte interessate a seguire il balletto delle tre carte. Una zattera della Medusa sulla quale delle anime prave litigano gli avanzi del prescelto, dannato perso e perdente. 
Pali, complici, bari,briganti, scagnozzi e curiosi, tutti lì per lo spettacolo in tre atti.
Si spengono le luci in sala, si apre il sipario.

Primo atto: il curioso prende coraggio
Carte da gioco e banconote volano sul tavolo, frusciando in un canto dolce di sirene  . 
Troppo forte è il richiamo di una vincita quasi certa.
Ma a giocare sono solo i complici, ed è per questo che le carte mulinano così lentamente. 
Il curioso è lì a guardare. Indovina sempre. Si crede furbo e soffia sul fuoco della vanità che gli brucia dentro.
Troppo forte è il richiamo di una vincita quasi certa. Anzi certa,certissima.
Il curioso prende coraggio e mette mano al portafogli facendosi largo tra quelle facce così poco rassicuranti.

Secondo atto: si vince sempre
<<10mila lire, solo per un giro poi, dopo la vittoria, via rapidi.>>
Questo pensa l'ex curioso divenuto ormai giocatore.
Le carte barcollano malamente, troppo lente per lo sguardo arguto del nostro eroe, che infatti indovina e vince. Le 10mila lire sono già raddoppiate.
Ricordati il patto fatto con te stesso!
Vai via e non tornare.
Niente da fare, altro giro, altra giocata.
Vince ancora, ancora, ancora.
La vincita ha ormai superato ogni più rosea previsione.
Il giocatore lascia il gioco e tutto tronfio va al bar a far festa.

Terzo atto: la tela del ragno è pronta.
Bello vincere. Troppo bello.
Questa giornata fortunata sta per volgere al termine, e resta il tempo per chiudere gli occhi ed abbandonarsi al riposo del guerriero (vittorioso). 
La notte porta consiglio oppure incubi.
<<Perché non torno lì anche domani? Sono troppo veloce per le loro mani maldestre.>>
Soldi facili. Soldi regalati.
Il tarlo si insinua e scava, scava, scava senza sosta.
Il mattino ha l'oro in bocca (ed in borsa).
Il nostro eroe ha deciso: andrà lì solo per curiosare, poi si vedrà.
La zattera dei disperati ripete il suo cerimoniale sempre uguale da chissà quanti anni, ed infatti è ancora lì ad attendere.
Le carte girano ancora più lente del giorno prima.
Il tarlo è ancora lì a scavare.
Un movimento automatico al portafogli e l'ex curioso, vincitore di ieri e neo curioso di oggi, si trova ad essere nuovamente giocatore.
Vince.
Vince.
Vince e vince ancora.
La cifra vinta è ormai davvero alta e l'emozione della vittoria sta per cedere il passo alla soddisfazione, anticamera dell'abbandono.
Il nuovo vincitore sta per lasciare il tavolo tutto tronfio e satollo, quando nota che, a causa di un movimento più maldestro del solito da parte del mazziere, la carta da indovinare si è vista chiaramente.
Soldi regalati.
Ci pensa solo un attimo, poi prende tutti i soldi che ha vinto e che ha in tasca e li piazza sulla carta vincente.
La tela del ragno è pronta.
Il mazziere fa melina e si mostra preoccupato. 
<<vuoi cambiare carta?>>
<<no!>>
<<sicuro?>>
<<si!>>
La tensione aumenta.
Complici e comparse fomentano, sostengono, incitano, ridono sguaiatamente.
Un attimo prima di girare la carta il mazziere invita a rilanciare: <<non hai i soldi qui? Non ti preoccupare, se vinci ti diamo il doppio di quello che hai detto di voler puntare.>>
Il giocatore fortunato pensa alla macchina che può comprare, al pezzo di mutuo della casa che può pagare, ai regali per i parenti, alle vacanze sulla Costiera Amalfitana sempre sognate e mai avute.
Pensa a tutto il bello che gli viene in mente e spara la sua ultima puntata.
I commedianti all'improvviso tacciono.
Il silenzio pesa. 
Il mazziere gira la carta.
<<Hai perso bello..>>
<<Ma come è possibile?>>
<<Impossibile!>>
<<Devi aver cambiato la carta...>>
<<No no. Semplicemente hai sbagliato.>>
<<No...io la carta l'avevo vista e stava là!>>
Il ragno è arrivato. 
Si chiude il sipario, si spegnono le luci.
Applausi scroscianti.
Bene, bravi, bis.



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