venerdì 25 ottobre 2013

LA SINDROME DI NERONE DI ERRICO BUONANNO

Ho appena letto il libro "la sindrome di Nerone" di Errico Buonanno, un saggio di 200 pagine circa nelle quali l'autore cerca di sviluppare una tesi già nota ma, non per questo, poco interessante: visto che i più grandi tiranni della storia, anche contemporanea, sono stati tutti artisti falliti, c'è un legame tra le frustrazioni del fallimento artistico e lo sviluppo delle alchimie politiche che portano alla tirannide?
Ogni capitolo è dedicato ad un dittatore, del quale si narra la triste parabola artistica e lo sfogo delle sue frustrazioni e del suo risentimento fino alla presa del potere. Ogni storia sembra diversa solo al principio, incanalandosi poi in un già visto che mette i brividi. Se il parallelo Hitler - Mussolini appare scontato, si fatica un po' di più con Karl Marx, Che Guevara e Stalin. Non mancano i colpi di scena e le storie improponibili come quelle del regime nord coreano e del suo Kim Jong-il.
La "sindrome" riconosciuta a tutti i tiranni della storia, anche quelli apparentemente più illuminati (vedi Napoleone), lascia una misera considerazione di fronte alla quale siamo nudi come vermi, sintetizzabili con una domanda: se invece di bocciare la mancanza di talento del giovane paesaggista Hitler, i suoi contemporanei l'avessero valutato con più furbo favore, si sarebbe disinnescata la bomba di odio e risentimenti che dopo qualche anno avrebbe acceso la stella diabolica del tiranno?
La stessa domanda si ripete per il giovane scrittore mangiapreti nonché violinista di Predappio, per l'aspirante poeta georgiano, per il regista in erba nord coreano, etc etc.
Naturalmente a questa domanda non c'è risposta, tanto più che l'automatismo "mancanza di talento-aspirazioni massime-sete di potere artistico-ripiego rancoroso in politica-presa del potere autoritaria-tirannide" non è affatto scontato. Quanti mediocri restano nell'anonimato, schiacciati dal peso rancoroso del fallimento artistico, senza per questo trovare valvole di sfogo così fortunate per il proprio ego e sfortunate per il popolo?
Gli spunti tragicomici del libro sono numerosi, un po' smorzati dall'idea di aver a che fare con la malvagità di tipi come Goebbels, Hitler o Saddam, ma ben presto si resta avvinghiati da un moto di tristezza tipico della consapevolezza.
Si, perché è chiaro che chi si macchia di atrocità così tremende, prima ancora che un mostro malvagio,  è un patetico fissato, vittima della propria insicurezza e dei propri fallimenti. 
Quante volte ripensando a gente come Mussolini o Hitler mi sono ritrovato in uno stato ambivalente di odio e di pena?
Mostri malvagi, carnefici di vittime innocenti ma anche della loro triste e patetica anima.
Un bel libro, ricco di aneddoti sui quali riflettere e di concetti da analizzare, quest'ultimi non tutti condivisibili, ma che allargano gli orizzonti della mente.
Il paradosso della macchina del tempo vale anche qui: potendo tornare indietro nel tempo, siete sicuri che non provereste in tutti i modi a lanciare la carriera del giovane pittore austriaco Adolf , spendendo tutti i vostri averi per supportarlo nel suo percorso artistico?
Io, per esempio, lo farai di certo.

Libro consigliato!

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