mercoledì 20 novembre 2013

VAJONT, PER NON DIMENTICARE

L'avidità umana genera i disastri e le tragedie.

Da quel lontano 1963 non è cambiato nulla, anzi.
Si continua a violentare la natura per il bieco interesse di una manciata di speculatori senza scrupoli, per poi piangere le vittime di quelle che sono solo tragedie annunciate.


Un paio di settimane fa siamo tornati a Longarone, Erto,Casso e Fortogna,  ed abbiamo trovato tutto avvolto da un nebbia fittissima.
La diga era appena visibile, così come l'immenso fronte della frana.
Sembrava una triste metafora dell'Italia: consegnare gli errori all'oblio, affinché si possa continuare a sbagliare.....Questa è l'Italia?

Quella nebbia, quella maledetta nebbia mi ha lacerato nel profondo.









6 commenti:

  1. Da progettista idraulico mi domando sempre come mai non si sia voluto, quella volta, far evacuare l'abitato di Longarone. Bastava dire: "Siamo certi che non accadrà nulla, ma è per prudenza... Potrebbe succedere qualcosa che non dipende da noi...". Insomma, una volta tanto che una bugia sarebbe servita.
    Leggendo il libro "I dimenticati del Vajont" i due unici superstiti tra i dipendenti della SADE, che si trovavano nella centrale a valle, quando hanno sentito il rombo della piena che avanzava hanno subito pensato che fosse crollata la diga, perché sapevano che la spalla sinistra sulla quale essa poggiava (sempre il Monte Toc) non era solida come quella destra.
    Ad ogni modo, non si può non tener conto che ciò che si può fare su alcune montagne non lo si può fare in altre. Adesso aspettiamo di vedere cosa succederà al bacino di Ravedis: si riempirà di ghiaia in brevissimo tempo? Il maggiore battente d'acqua farà aumentare la velocità delle acque sotterranee e la pressione nelle falde? Con quali conseguenze? Vedremo l'acqua zampillare dalla base delle montagne? Ci saranno nuove frane? Nuovi terremoti?

    RispondiElimina
  2. Nella tragedia del Vajont c'è tanto, troppo. Avidità, arroganza, ignoranza, cinismo, indifferenza, incoscienza, impotenza, ingiustizia. Ma tra tutte le cause che hanno contribuito a generare la sciagura, credo che l'avidità e l'arroganza siano state le più importanti. C'era una diga da vendere allo Stato (stava nascendo l'Enel) e il valore del bacino era legato al volume invasato. C'erano progettisti cattedratici che, nel vano tentativo di nascondere errori grossolani, hanno difeso le scelte fatte fino a negare l'evidenza. C'era uno Stato suddito di potentati senza scrupoli che ha omesso i controlli in modo colpevolmente e complice. C'era una valle con 2000 persone indifese, lasciate a morire in un diluvio d'acqua e di fango.
    Purtroppo sono fermamente convinto del fatto che oggi le cose non siano molto diverse. Insomma, potrebbe succedere ancora.
    Ho letto diversi libri sul Vajont, e tutti mi hanno sempre lasciato incredulo.
    Ma, se possibile, quelli che mi hanno più fatto male sono stati proprio quelli che raccontano il dopo della sciagura.
    Perché se nel prima e nel durante lo Stato ha fatto schifo, dopo è stato ancora peggio.
    Immagino che tu l'abbia letto, ma nel caso ti consiglio il libro "Sulla pelle viva" della Merlin (dal quale per intenderci, Paolini ha tratto il suo racconto)
    Ciao!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Credo che le cose non siano cambiate affatto. Cinismo e indifferenza sono ciò che ho riscontrato maggiormente nella mia poco brillante carriera lavorativa. Le uniche attenzioni, ben convogliate, sono state quelle rivolte alla rompiscatole che sono io, a quella che fa domande che nessuno mai pone, a quella da emarginare, perché rischia di rompere gli equilibri. Qui al Nord non si spara con la lupara, perché basta molto meno per spaventare la gente. E riescono così non solo a isolarti, ma a crearti terra bruciata intorno, spaventando i tuoi clienti e i tuoi conoscenti. Al Nord non ci saranno mai persone come Falcone e Borsellino e come tanti altri eroi che sono morti per salvarci dalla mafia. Ci ubriacano con la religione, con la storia di quel Gesù che ci avrebbe salvato da non ho ancora capito che cosa. Non ci raccontano mai, invece, la storia di quelli che realmente sono morti per salvarci dal male e cioè dalla mafia (di cui lo Ior è il primo grande complice). Non ho letto il libro che mi citi, ma lo farò. Non ho letto molto sul Vajont. Ho visto Paolini, ho visto il film e il libro di cui ti ho parlato. Ho letto il libro sul disastro del Gleno (quest'anno ricorrono i 90 anni). Non riesco a trattenere le lacrime, perché rivivo momenti già vissuti, pressioni e vessazioni subite. La solitudine e l'isolamento. E quelli che continuano a ripetermi che "sputo nel piatto in cui mangio". Perché anche qui è la mafia che ti dà da vivere, non lo Stato. Nessuno è in grado di guardare oltre, di comprendere a quale risultato ti portano poi certi pericolosi compromessi.

      Elimina
  3. Credo che a provare analogo disagio siano in tanti. E anche se disprezzo la speranza, in quanto freno che arresta il moto di ribellione degli oppressi, è proprio su questa che ripongo il peso insostenibile del presente. Il futuro dell'Italia non può essere peggiore di questo presente; questo penso. Bisogna resistere e restare nel giusto, anche quando il resto del mondo sembra remare contro. Gli eroi sono uomini giusti, e si sacrificano per testimoniare agli altri che onestà e giustizia sono valori da difendere a qualsiasi prezzo.
    Ma anche gli "eroi di tutti i giorni" sono eroi.
    Un uomo giusto, anche se isolato da gente piccola, ancorché numerosa, resta un uomo giusto e, tra mille difficoltà e altrettante vessazioni, può comunque godersi la gioia di sentirsi in pace con la propria coscienza.
    Insomma, per quanto possa valere il consiglio di uno sconosciuto, penso che l'unico modo per sopravvivere in un mondo come questo sia difendere le proprie idee e la propria etica (morale, civile e professionale). Ho perso il conto delle persone che mi ha detto "sputi nel piatto in cui mangi" o che mi hanno dato dell'utopista. Affronto tutti i giorni una società che vedo cinica ed indifferente, e non faccio che lamentarmi. Ma è solo nell'esempio che si può essere credibili. Dare l'esempio è il primo modo di dimostrare che si crede a quello che si dice. Perciò, sinceramente, accetta un consiglio: resisti e, se ti senti nel giusto, continua a difendere i tuoi ideali e tieni fuori dal tuo mondo il cinismo di chi ti disprezza. Ciao e grazie!

    RispondiElimina
  4. Sono io che ringrazio te.
    Con il progetto "Brema", voglio realizzare il nucleo di una società rinnovata, che sappia comprendere che una società giusta porta il vero benessere a ciascun individuo.
    E che si è felici quando sono soddisfatti i bisogni primari: nutrirsi, scaldarsi, emozionarsi.
    Ti ringrazio ancora tanto.

    RispondiElimina
  5. il tuo è un progetto che merita il successo!
    Aggiornaci sugli sviluppi futuri se ti va.
    Ciao!!!!

    RispondiElimina