sabato 8 marzo 2014

RENZI IL PRINCIPE

Non è un caso che sia di Firenze.
Lo immagino la sera  mentre prende in mano "il principe" di Machiavelli, tronfio come solo lui sa essere.
Ma credo che prenda in mano anche  l'Arte della Guerra si Sun Tzu, "le armi della persuasione" di Cialdini, "i persuasori occulti" di Packard, "Homo videns" di Sartori e "una storia italiana" del suo amico Silvio.
Lo immagino indeciso tra queste letture, col comodino carico del totem di libri accatastati, e con quella irresistibile voglia di giocare a Candy Crash.
Lo vedo mentre cerca di fissare bene, assimilare, cogliere ogni increspatura del mare magnum di informazioni utili per essere convincente, credibile, empatico.
Lo osservo mentre ripete i mantra studiati a tavolino con i suoi preparatori motivazionali, mentre riguarda le sue performance televisive, con tanto di moviolone sul suo linguaggio del corpo.
Lo vedo innamorato di se stesso ma non ricambiato.
Perché, per quanto sembra che si piaccia davvero, in realtà sa bene quanti e quali limiti trascini nel suo incedere.
Se non avessimo macinato 20 anni di berlusconismo, mai il popolo avrebbe tollerato uno come Matteo Renzi. E lo sa bene pure lui.
Se non avesse il sostegno dei media berlusconiani, dei poteri forti, delle banche, (della massoneria?), dubito che sarebbe considerato l'uomo della provvidenza in questa povera Italia.
Il giovane si impegna, certo.
Studia, ripete i suoi monologhi, si sforza di sfornare sempre nuove frasi ad effetto, nuove narrazioni empatiche, ma non c'è Machiavelli che tenga.
Non c'è Cialdini, Sun Tzu, Packard. Non c'è niente che possa restituire una verità diversa da quella triste con la quale si scontra ogni giorno: non è lui il principe di questa Italia.

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