Ogni anno il 28 dicembre il mio pensiero vola a quell'immane tragedia che cancellò centinaia di migliaia di uomini, donne, bambini, insieme a due città meravigliose: Messina e Reggio Calabria.
Le città che possiamo vedere oggi (soprattutto Reggio Calabria) non hanno quasi più niente della bellezza originaria. Ho letto diversi libri su questo terremoto tremendo, cercando di documentarmi al meglio, perché credo che solo riscoprendo il passato si possa tentare l'ardua impresa di evitare gli stessi errori in futuro. In tanti, troppi, si nascondono dietro il fatalismo del "se deve accadere c'è poco da fare", ma io credo che rispondere a due domande sia un obbligo morale: ma se arrivasse oggi una scossa di 7.2 scala Richter, con annesso Tsunami, Messina e Reggio farebbero la stessa fine che fecero nel 1908?
E se si, la responsabilità sarebbe davvero solo della natura "assassina" ?
E se si, la responsabilità sarebbe davvero solo della natura "assassina" ?
il Fatalismo e la bellezza imperante
Il fatalismo è un motore potente che guida da molto tempo i meridionali (come me), allontanandoli spesso da una realtà che se affrontata dispera. Per me fatalismo e speranza sono i carnefici di coscienza e dignità.
Riscoprire quel moto di vergogna che attanaglia i cuori del popolo meridionale, catalizzandolo verso uno slancio d'orgoglio, rappresenterebbe una soluzione definitiva allo stato di sottosviluppo cronico che forse è più devastante del terremoto stesso. Mi intristisco spesso per il mio Sud, e per tutto quello che dovrebbe essere e non è. Mi intristisco se penso alla rassegnazione con la quale si accetta l'idea che emigrare sia l'unica soluzione. Mi devasta il brutto che scorgo in tante cose, nonostante natura e storia dicano che in un passato non troppo lontano queste terre erano la cosa più vicina al paradiso.
Il regno dove la bellezza regnava incontrastata; una bellezza così intensa che anche oggi, nonostante gli scempi che ben sappiamo, si fa fatica a non cogliere. Una bellezza che, ed ecco che cado anche io vittima della speranza, presto o tardi tornerà a regnare incontrastata.
Il ponte
Il 28 dicembre del 1908 lo Stretto di Messina ha visto la fine del mondo, e pensare ai politicanti che oggi pensano alla costruzione del ponte, ferisce nel profondo.
A prescindere dall'inutilità dell'opera faraonica in questione, sempre che si faccia davvero (naturalmente non ci credo), disturba immaginare che, probabilmente, dopo una scossa del 7 grado Richter resterebbe in piedi davvero solo il ponte. Il solo fatto di parlarne, del ponte intendo, dovrebbe offendere chiunque sia dotato di un minimo di coscienza. L'idea del ponte è figlia della vanità e del malaffare. Una cattedrale nel deserto inutile, costosa e dannosa. Ma avete sentito qualche politicante parlare di finanziamenti per la prevenzione delle catastrofi naturali? Per la messa in sicurezza dei centri storici? Per i piani di emergenza ed evacuazione? Niente. La verità è che oggi non si sa neppure quale sia lo stato reale del già costruito. Cementi depotenziati, armature mancanti, materiali scadenti, abusivismo, queste sono le tessere che insieme ad indifferenza e menefreghismo formano il mosaico orrendo delle tragedie. Tanto si dovrebbe fare. Anzi, tantissimo.
Ma non si fa niente. NIENTE. E c'è ancora in giro gente che parla di costruire il ponte.
preghiera laica
Penso alle tante vittime del 1908 e, anche se da non credente, rivolgo a loro la mia preghiera laica di commemorazione.
NB: questo post era nato con il solo scopo di ricordare l'immane tragedia. Purtroppo, come sempre, mi sono lasciato trasportare dai sentimenti ed ho perso lucidità, mischiando il tutto col niente e toccando tanti temi senza approfondirne nessuno. Ma chissà in passato quante altre volte ho già ripetuto questi concetti e quante volte ancora li riproporrò in futuro.
Riscoprire quel moto di vergogna che attanaglia i cuori del popolo meridionale, catalizzandolo verso uno slancio d'orgoglio, rappresenterebbe una soluzione definitiva allo stato di sottosviluppo cronico che forse è più devastante del terremoto stesso. Mi intristisco spesso per il mio Sud, e per tutto quello che dovrebbe essere e non è. Mi intristisco se penso alla rassegnazione con la quale si accetta l'idea che emigrare sia l'unica soluzione. Mi devasta il brutto che scorgo in tante cose, nonostante natura e storia dicano che in un passato non troppo lontano queste terre erano la cosa più vicina al paradiso.
Il regno dove la bellezza regnava incontrastata; una bellezza così intensa che anche oggi, nonostante gli scempi che ben sappiamo, si fa fatica a non cogliere. Una bellezza che, ed ecco che cado anche io vittima della speranza, presto o tardi tornerà a regnare incontrastata.
Il ponte
Il 28 dicembre del 1908 lo Stretto di Messina ha visto la fine del mondo, e pensare ai politicanti che oggi pensano alla costruzione del ponte, ferisce nel profondo.
A prescindere dall'inutilità dell'opera faraonica in questione, sempre che si faccia davvero (naturalmente non ci credo), disturba immaginare che, probabilmente, dopo una scossa del 7 grado Richter resterebbe in piedi davvero solo il ponte. Il solo fatto di parlarne, del ponte intendo, dovrebbe offendere chiunque sia dotato di un minimo di coscienza. L'idea del ponte è figlia della vanità e del malaffare. Una cattedrale nel deserto inutile, costosa e dannosa. Ma avete sentito qualche politicante parlare di finanziamenti per la prevenzione delle catastrofi naturali? Per la messa in sicurezza dei centri storici? Per i piani di emergenza ed evacuazione? Niente. La verità è che oggi non si sa neppure quale sia lo stato reale del già costruito. Cementi depotenziati, armature mancanti, materiali scadenti, abusivismo, queste sono le tessere che insieme ad indifferenza e menefreghismo formano il mosaico orrendo delle tragedie. Tanto si dovrebbe fare. Anzi, tantissimo.
Ma non si fa niente. NIENTE. E c'è ancora in giro gente che parla di costruire il ponte.
preghiera laica
Penso alle tante vittime del 1908 e, anche se da non credente, rivolgo a loro la mia preghiera laica di commemorazione.
NB: questo post era nato con il solo scopo di ricordare l'immane tragedia. Purtroppo, come sempre, mi sono lasciato trasportare dai sentimenti ed ho perso lucidità, mischiando il tutto col niente e toccando tanti temi senza approfondirne nessuno. Ma chissà in passato quante altre volte ho già ripetuto questi concetti e quante volte ancora li riproporrò in futuro.
E non smettere mai! Repetita iuvant...
RispondiEliminaVivo a Claut da due mesi (che scadono proprio oggi) e ho già superato tre terremoti (31 ottobre, 9 dicembre e 17 dicembre). Qui le case resistono, si dice, perché sono in cemento armato. Già, cemento armato e null'altro. Gli infissi sono in alluminio. In un paese di montagna. Queste case resisteranno pure ai terremoti, ma sono fredde e umide. I riscaldamenti servono solo per riscaldare il cielo, perché tutto il calore se ne va inutilmente (e forse dannosamente) lassù.
Nessuno ci informa sulla natura di questi terremoti, con avvisi pubblici, incontri o altro e non c'è nel Piano regolatore alcun accenno ad essi. E la terra trema quasi ogni mese...
Su queste cose, sul fatalismo e la speranza che qualche politico prima o poi ci aiuti, sull'avvento dell'uomo forte che risolva tutti i nostri problemi, su questi temi, l'Italia è inutilmente unita...
Ciao!
RispondiEliminaQuanto hai ragione!!!
E la crisi non fa che alimentare il peggio degli istinti più bassi, purtroppo.
La ricerca dell' "uomo forte", istinto mai sopito in questa povera Italia, è il segnale di quanta poca strada abbia fatto il nostro Paese dal triste ed indegno Ventennio.