sabato 16 febbraio 2013

L'AVVERSARIO



Il viso tagliente come un rasoio vecchia scuola, si avvicina con fare sicuro rivolgendomi un semplice ma determinato "ehi tu!".
Mi volto istintivamente di tre quarti ed alzo il mento, porgendo fianco e giugulare in senso di resa.
Maschio alfa? Nel dubbio non rischio.
Accenno una difesa tanto patetica quanto inefficace, alzando le braccia a mostrare i palmi.
Prima però che io possa anche solo mettere in fila i pensieri, l'altro si china come a prendere slancio e, con un inatteso gesto d'agilità, infila ed estrae la mano in tasca in un unico movimento.
Sono finito, penso.
Chiudo gli occhi e mi arrendo al destino infausto, provando con demoralizzante inutilità a riscoprire una fede che salvi almeno la mia anima.
Niente da fare signor pecorella smarrita.
Non questa volta.
L'ultima.
Pensieri futili, figli dell'eterna lotta tra i precetti inculcati in tenera età e le logiche maturate dalla ragione.
Sono fatto, penso.
"Click...Click"
Forse no.
Ci metto poco però a realizzare che quel triste ed impercettibile cigolio non è lo speranzoso suono di una pistola che si inceppa.
No.
Niente affatto signor pecorella smarrita.
Ho perso la via e stento a ritrovarla. Forse.
Dallo spavento non riesco a focalizzare l'oggetto che stringe in mano.
Come se gli occhi si rifiutassero di consegnare al cervello quell'immagine.
"Chi è in vantaggio è costretto all'attacco, per non perdere un tempo"
Ma per colpire l'attaccante deve sbilanciarsi.
Che stupido che sono. Sono lì sul baratro e penso a lontani aforismi sull'arte degli scacchi.
Ma l'arte della guerra non è la sorella minore di quella degli scacchi?
Rifletto sul niente, e questo mi basta per imbastire una reazione.
"Guardi che ha sbagliato persona. Qualunque cosa le è successa, non sono io quello che cerca".
Mi mostra i denti, in un impercettibile incresparsi di labbra, ripiegando il braccio dietro la schiena e nascondendomi così alla vista l'oggetto che ha tolto dalla tasca. Prende tempo anche lui.
Forse non è certo che sia io la sua preda. O forse pensa di non farcela a prendermi.
Allargo le braccia, per simularmi più grosso di quello che sono, guardandolo dritto negli occhi.
Un silenzio irreale sorprende entrambi.
Lui non so, ma io trattengo il fiato.
Non posso non notare però le sue pupille dilatate: è più spaventato di me.
Forse.
Inizio ad indietreggiare, tenendo lo sguardo fisso sulle sue spalle, perché è da lì che partirà il movimento delle braccia.
Sono ormai a 5 metri e inizio a valutare le sue doti atletiche. E se iniziassi a correre? Riuscirebbe a raggiungermi?
Ma come si fa a capirlo?
Le gambe sarebbero un ottimo indizio, se solo fossero scoperte. Così come le braccia. Persino il collo è nascosto, a causa di un vistoso foulard verde. Dettagli, dettagli. Continuo a concentrarmi su dettagli insignificanti, e non ho neanche provato ad immaginare una qualche strategia per venirne fuori.
Tento il tutto per tutto, ho deciso.
Consegnerò a gambe, polmoni e cuore il mio futuro, puntando su una tattica che è vecchia quanto l'uomo sulla terra.
Evitare lo scontro e darmela a gambe.
Si ma l'orgoglio?
Non pervenuto.
Un istante prima di lanciarmi in quella che ha il sapore di una corsa per la vita, il mio avversario tira fuori il braccio da dietro la schiena. Finalmente occhi e cervello comunicano e posso scorgere l'oggetto misterioso, dandogli un senso.
E' troppo tardi per fare qualsiasi altra cosa.
Chino il capo e mi preparo mestamente all'irreparabile.
"ehi tu"-voce roca e un po' impastata.
"si..." -balbetto.
"non è che metteresti una firma qui?"
Una penna, ecco cos'era.
"Ma una firma per cosa?"- balbetto e tremo istericamente.
"per la lista della LegaNerd indipendenza della patata e blablablablablabla"
Ecco, lo sapevo. E' troppo tardi.
Sono già all'inferno.



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