"Vietato
disperarsi. La speranza è la via per la salvezza"
Questo c'è scritto sull'unica parete che sfugge alla
penombra che ingoia tutto il resto.
Me compreso.
Una cella grande appena per sdraiarsi,
ecco il mio regno scintillante di vuoto. Una piccola feritoia verso il mondo
esterno, avida di luce, ed una porticina in cupo metallo a dividermi dalla
civiltà. Sono un'anima persa, rinchiusa nel braccio degli insoddisfatti da
tanto tempo. Ho smesso di tenere il conto dei giorni, perché quelle stupide
tacche tracciate a forza d'unghie sul muro, sembrano le ferite della mia anima.
Ferite che non si possono rimarginare. Spesso penso di essere un privilegiato,
perché ricordo la prima destinazione al mio ingresso in carcere: il braccio dei
nichilisti. Solo un passaggio temporaneo per il trasferimento definitivo alla
sezione autolesionisti. Ma il caso volle venirmi incontro e la mia destinazione
fu invece quella nella quale (non) vivo oggi. Ho smesso di desiderare contatti
con l'esterno o con qualunque cosa sembri viva, non perché non desideri anche
un accenno di interazione con un altro essere vivente, ma perché credo di non
meritarmelo.
Mr Beef, così chiamo il mio secondino.
E' l'unico oggetto animato
che si introduce nel mio spazio vitale, anche se separato da qualche centimetro
di sicuro metallo. Il gran cerimoniere officia due volte al giorno. Apre lo
spioncino, guarda dentro per controllare che non mi sia inventato un modo per
fermare il cuore, poi senza fiatare ripone il piatto con la sbobba e raccoglie
quello che ho usato in precedenza. Gli è vietato parlarmi e non lo fa, ma credo
che anche volendo, non lo farebbe lo stesso. La mia pena non prevede alcun
contatto umano. Da regolamento Mr Beef è tenuto anche a portare un'anonima
maschera bianca sul viso, per evitare che, anche involontariamente, possa
essermi regalata un'emozione fatta da un semplice alzare di sopracciglia o,
perché no, dal serrarsi severo degli occhi di qualcuno che mostra giusto
disprezzo. Non ho faticato ad affibbiargli il suo nomignolo perché per me è
poco più di un pezzo di carne animato ma senz’anima.
Povero Mr Beef.
Così
superbamente solerte, spreca la sua vita a dare sconforto ad un infelice. Il
vitto è in linea con l'alloggio. La sbobba è sempre uguale ma ogni volta sempre
meno commestibile. Unico piatto di riso acquoso e pane duro. Non che il bere
sia migliore, vista l'acqua biancastra alla quale ho diritto. Ogni volta che
porto il bicchiere incrostato alle labbra, quasi sorrido al pensiero di quello
stupido jingle che descrive le portentose qualità dell'acqua: inodore,
incolore, insapore. So di essere colpevole, ma questo non mi aiuta a sostenere
il peso della punizione. So di meritare tutto, ma questo non mi aiuta a provar
pena per la mia anima. Riesco a pensare alla fuga. L'unico pregio che ho scorto
nel mio triste incedere nel mondo è proprio questo. Non dovrei far altro che
assecondare la tristezza sino a che depressione non giunga a dettar sentenza, e
invece trovo in me la forza d'animo per cercare una via di fuga.
Avessi un
cucchiaio...quante volte questa frase mi distrae dallo stato catatonico d'abbandono
giornaliero?
Con un cucchiaio quel tale riuscì a scavare una galleria nella
dura roccia, guadagnandosi la libertà procedendo a gattoni nei reflui dello
scolo fognario.
Riuscirei anche io.
No, io no.
Non lo so e mai lo saprò visto
che non ho diritto alle posate.
E con le unghie
questo tufo non è dolce come il suo nome sembra sussurrare.
C'è poco da
fare.
Uscirò da questa cella solo in due modi. In orizzontale, quando il cuore avrà
abdicato, sorretto da Mr Beff finalmente senza maschera e da qualche altro
secondino di supporto o in verticale, con le mie gambe, quando sarò talmente
vecchio che
rimpianti e rimorsi avranno di che azzuffarsi per
dividersi i miei miseri resti.
Ma oggi passo le giornate a guardare gli angoli
della mia vita-stanza. In basso gli angoli delle colpe, in alto quelli dei rimpianti. La parete è invece dei rimorsi. Leggo
spesso quella scritta che parla di speranza, immaginando lo scopo di chi l'ha
scritta.
Dubito fosse sincero.
Anzi, credo che la sua idea sia stata tutt'altro
che nobile. Quanti altri battiti mi regalerà questo stupido cuore? Ho deciso,
basta. Da domani smetterò di mangiare e di bere. Aspetterò la morte. Da domani.
Certo.
Ecco come è facile cadere di nuovo nell'errore. Non sono in questo buco
proprio per la mia insoddisfazione perenne?
Da domani vuol dire mai.
Domani
troverò una scusa per mangiare, rimandando al giorno dopo il mio sciopero.
Dovrei
accontentarmi di quello che ho e vivere la vita al meglio.
Dovrei,
dovrei, dovrei.
Da domani però.
Oggi lasciatemi nella mia triste insoddisfazione.
Non è forse questa la speranza?
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